Tempi di arresto degli elementi pericolosi delle macchine

 

La definizione delle misure di sicurezza delle macchine deriva dalla valutazione dei rischi effettuata dal fabbricante.

Sulla base di questo processo vengono quindi scelte le modalità più adeguate alla protezione delle zone pericolose, tenendo in considerazione le necessità operative. Ad esempio, se è necessario accedere ad una zona pericolosa solamente per interventi di manutenzione sporadici potranno essere utilizzati ripari fissi, mentre se l’accesso è richiesto per operazioni di carico e/o scarico dei prodotti in lavorazione potrebbero essere adeguate barriere fotoelettriche.

Il posizionamento dispositivi di protezione quali ripari mobili interbloccati, barriere fotoelettriche, laser scanner, radar di sicurezza, tappeti sensibili o comandi a due mani deve essere determinato in modo che la distanza dagli organi in movimento pericolosi protetti sia tale da impedire che una persona possa raggiungerli prima che si siano arrestati.

Calcolo della distanza delle barriere di sicurezza

La distanza tra il dispositivo di protezione e gli organi pericolosi protetti deve essere determinata secondo le indicazioni della norma UNI EN ISO 13855:2010 “Sicurezza del macchinario – Posizionamento dei mezzi di protezione in funzione delle velocità di avvicinamento di parti del corpo umano”, ovvero:

S = (K × T) + C

dove:

S   è la distanza minima (espressa in mm)

K   è la velocità di avvicinamento del corpo o di una parte del corpo (espressa in mm/s)

T   è il tempo di arresto complessivo degli elementi pericolosi protetti (espresso in secondi)

C  è la distanza di intrusione (espressa in mm) ovvero la distanza che una parte del corpo (generalmente la mano e/o il braccio) può coprire senza essere rilevata dal dispositivo di protezione (ad esempio passaggio del braccio tra due raggi della barriera fotoelettrica)

Per determinare la distanza minima S è quindi fondamentale conoscere con precisione il tempo di arresto degli organi pericolosi protetti, che è funzione di numerosi fattori (tempo di reazione del dispositivo di protezione, tempo di elaborazione del segnale da parte della logica, tempo di frenatura degli organi in movimento, ecc.).

Si tenga presente che una variazione anche limitata del tempo di arresto può comportare una modifica significativa del posizionamento del dispositivo di protezione.

Esempio di calcolo della distanza delle barriere fotoelettriche

Ad esempio, in caso di barriere fotoelettriche con capacità di detezione minore o uguale a 40 mm, la distanza minima dalla zona pericolosa S (per distanze fino a 500 mm) è pari a:

S = (2000 mm/s ´ T) + C

In questo caso, quindi, una differenza nella stima del tempo di arresto di due decimi di secondo implica un aumento di S di ben 400 mm.

Il mancato rispetto delle distanze stabilite dalla norma può causare gravi incidenti; l’operatore potrebbe entrare nella zona pericolosa di una pressa quando questa si sta ancora muovendo con elevatissimi rischi di schiacciamento delle mani.

 

Quadra s.r.l. può effettuare le misure dei tempi di arresto degli organi pericolosi protetti da dispositivi di protezione utilizzando strumentazione dotata di sensori di movimento che vengono applicati agli organi pericolosi e di appositi attuatori in grado di far intervenire i dispositivi di protezione (ad esempio interrompendo i fasci ottici di una barriera fotoelettrica).

Si avranno così a disposizione i dati fondamentali per una corretta progettazione dei sistemi di protezione delle macchine.

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