Norme per la marcatura CE

Quali sono le principali norme di tipo B per la marcatura CE delle macchine?

La conoscenza delle norme di tipo B principali applicabili alle macchine è essenziale per la corretta progettazione nel rispetto dei requisiti di sicurezza.

Infatti, le norme di tipo B forniscono utili indicazioni sulle soluzioni da adottare per le più comuni problematiche di sicurezza che si ritrovano sulle macchine e inoltre, nel caso queste norme siano armonizzate, assicurano l’automatica presunzione di conformità per gli aspetti trattati.

Inoltre, anche nel caso esistano norme di tipo C applicabili alla macchina in esame, per quanto riguarda particolari aspetti di sicurezza o dispositivi di protezione viene fatto riferimento alle norme di tipo B specifiche.

È quindi utile fare una panoramica delle norme di tipo B applicabili agli aspetti di sicurezza o ai dispositivi di protezione che più comunemente si incontrano sulle macchine.

Elementi in movimento che non necessitano di essere protetti

La pericolosità degli elementi in movimento può essere considerata sufficientemente bassa da non richiedere alcun tipo di protezione quando il loro movimento può essere interrotto dalla forza di reazione del corpo, senza causare rischi di lesione.

Si può considerare che gli elementi in movimento non causino rischi di lesione quando:

  • la forza che esercitano non supera i 75 N;
  • la pressione da essi esercitata contro un oggetto è inferiore a 25 N/cm2;
  • la loro energia è inferiore a 4 J;
  • non hanno bordi acuti che possono causare rischi di taglio o di puntura.

Se il movimento pericoloso viene automaticamente invertito entro un secondo quando viene individuata una resistenza al moto, allora gli elementi in movimento possono essere considerati sicuri quando:

  • la forza che esercitano non supera i 150 N;
  • la pressione da essi esercitata contro un oggetto è inferiore a 50 N/cm2;
  • la loro energia è inferiore a 10 J;
  • non hanno bordi acuti che possono causare rischi di taglio o di puntura.

I parametri qui riportati sono tratti dal punto 5.2.2.1.2 della norma UNI EN 415-7:2008; qualora non esistano norme di tipo B che coprono un particolare aspetto di sicurezza, è lecito utilizzare una parte di una norma di tipo C di valenza sufficientemente generale a essere estesa al di fuori della tipologia di macchine oggetto della norma; infatti, nel caso specifico, il fatto che gli elementi non protetti appartengano a macchine per imballare o ad altri tipi di macchine non cambia la natura dei rischi da questi causati.

Per definire se un elemento pericoloso è a portata dell’operatore, ovvero se devono essere valutate la necessità e le modalità per la sua protezione, si può fare riferimento alla norma UNI EN ISO 13857:2008.

In tale norma, una zona pericolosa viene considerata raggiungibile con gli arti superiori quando si trova (vedi Figura 8):

  • a un’altezza dal piano di riferimento h inferiore a 2500 mm, se la zona pericolosa è a rischio ridotto;
  • a un’altezza dal piano di riferimento h inferiore a 2700 mm, se la zona pericolosa è a rischio elevato.

Il piano di riferimento è il piano di calpestio su cui si trova l’operatore, considerando gli elementi su cui l’operatore può stazionare — piattaforme, pedane, scale, ecc. — installati in modo permanente nel luogo in esame[2]; non viene presa in considerazione la possibilità che l’operatore salga su elementi quali scale non fissate stabilmente, parti della macchina[3] non previste per tale scopo, ecc.

La norma UNI EN ISO 13857:2008 non indica alcun criterio in base al quale definire la pericolosità della zona, ovvero se il rischio è elevato o ridotto: sarà quindi necessario stabilire un criterio per effettuare tale distinzione nell’ambito della valutazione dei rischi, come descritto nel Capitolo 3.

Protezioni perimetrali e ripari fisici

I ripari fisici sono presenti praticamente sulla totalità delle macchine e, pur se si tratta di dispositivi di sicurezza in sé semplici, è necessario conoscere le norme applicabili in modo da realizzarli conformemente ai requisiti di sicurezza.

Anche le protezioni perimetrali sono largamente diffuse nel campo delle macchine e degli impianti produttivi di dimensioni rilevanti; la loro realizzazione, il loro dimensionamento e posizionamento possono essere effettuati secondo le indicazioni delle norme applicabili in materia, che, essendo armonizzate, assicurano la presunzione di conformità delle protezioni ai requisiti della direttiva Macchine.

La direttiva 2006/42/CE definisce «riparo» [allegato I, punto 1.1.1, lettera f)]:

elemento della macchina utilizzato specificamente per garantire la protezione tramite una barriera materiale

Quindi una parte della macchina che ha scopi funzionali o strutturali e che, con la sua presenza, impedisce il raggiungimento di zone pericolose non rientra nella definizione di «riparo» in quanto il suo scopo primario non è quello di assicurare “specificamente” una protezione[4].

In altre parole la presenza di quella parte della macchina è necessaria affinché la macchina svolga il suo compito, quindi la sua integrità ed effettiva presenza sulla macchina sono richieste dal normale funzionamento della stessa.

Può essere questo il caso, ad esempio, di una tramoggia di carico, la cui presenza impedisce l’accesso alla coclea di trasporto del prodotto posta sotto alla tramoggia; allo stesso modo una trave che fa parte del telaio della macchina non è considerabile un riparo in quanto la sua assenza comprometterebbe la struttura di sostegno della macchina.

Tipologia di ripari

I ripari si dividono in tre categorie — da scegliere in funzione della frequenza di accesso alla zona pericolosa e delle esigenze di utilizzabilità della macchina — che si differenziano a seconda della loro realizzazione:

  • ripari fissi: i requisiti dei ripari fissi sono stabiliti dal requisito 1.4.2.1 dell’allegato I della direttiva 2006/42/CE:
  • devono essere efficacemente mantenuti in posizione in modo permanente (mediante saldatura, ecc.) o per mezzo di elementi di fissaggio (viti, bulloni, ecc.) che rendono impossibile la loro apertura o la loro rimozione senza l’ausilio di utensili[5];
  • quando possibile, non devono rimanere chiusi in mancanza dei loro elementi di fissaggio, per esempio non devono essere agganciati alla macchina o in qualche modo a essa collegati meccanicamente (per esempio, mediante cerniere o guide); ci sono alcune situazioni in cui non è tecnicamente possibile fare in modo che i ripari fissi non stiano in posizione in assenza dei mezzi di fissaggio, per esempio quando i ripari sono posizionati al di sopra di superfici orizzontali: in questo caso, è consigliabile segnalare in loco il divieto di rimozione dei ripari con la macchina in movimento (utilizzando un cartello del tipo di quello riportato in Figura 9), in quanto potrebbe esserci l’eventualità in cui il riparo è in posizione di chiusura ma non è fissato e quindi risulta rimovibile senza l’utilizzo di utensili;
  • i sistemi di fissaggio devono rimanere attaccati ai ripari o alla macchina quando i ripari sono rimossi;
  • i ripari fissi devono essere utilizzati quando l’apertura è poco frequente — per esempio meno di una volta alla settimana — in quanto la loro rimozione e il loro rimontaggio sono abbastanza laboriosi; quindi, in caso di frequenza troppo elevata, l’operatore potrebbe essere portato a non riposizionare i ripari, consentendo conseguentemente l’accesso alle zone pericolose;
  • ripari mobili: i ripari mobili sono descritti nel requisito 1.4.2.2 dell’allegato I della direttiva 2006/42/CE:
  • devono restare uniti alla macchina quando aperti (mediante cerniere, guide scorrevoli, ecc.);
  • devono essere dotati di un dispositivo di interblocco, con o senza bloccaggio del riparo, in modo da impedire l’avviamento delle parti mobili fino a che queste possano essere raggiunte e da fornire un comando di arresto quando i ripari non sono chiusi;

i ripari mobili possono essere aperti e chiusi senza necessità di nessun tipo di utensile, ma, alla loro apertura, il dispositivo di interblocco arresta gli elementi in movimento protetti in modo che non possano causare lesioni alle persone; questo tipo di ripari deve essere utilizzato quando la loro apertura è frequente — per esempio più di una volta alla settimana — in quanto il loro azionamento è semplice e veloce; una tipica applicazione dei ripari mobili è la protezione di accessi alla macchina richiesti per il carico e/o scarico dei prodotti in lavorazione o per il reintegro dei materiali di consumo della macchina; i ripari mobili comprendono sia gli sportelli che consentono l’accesso solamente a parti del corpo — tipicamente gli arti superiori — che le porte di accesso all’interno delle protezioni perimetrali, che permettono quindi di entrare completamente all’interno della zona protetta;

  • ripari regolabili: le caratteristiche dei ripari regolabili sono indicate dal requisito 1.4.2.3 dell’allegato I della direttiva 2006/42/CE:
  • vengono regolati manualmente o automaticamente a seconda del tipo di lavorazione;
  • devono potere essere regolati facilmente senza l’ausilio di attrezzi;
  • deve essere ridotto per quanto possibile il pericolo di proiezione (per esempio di schegge prodotte dalla lavorazione);

i ripari regolabili vengono tipicamente utilizzati quando la zona pericolosa non è completamente segregabile, per esempio per la protezione degli utensili di macchine azionate manualmente, quali seghe, molatrici, ecc.; la protezione delle zone pericolose con ripari regolabili minimizza l’esposizione dell’operatore alle zone pericolose, ma non la elimina del tutto; inoltre, nel caso di ripari regolabili a regolazione manuale, l’efficace protezione delle zone pericolose dipende dal fatto che l’operatore regoli correttamente la posizione del riparo (normalmente in funzione delle caratteristiche e delle dimensioni dei prodotti in lavorazione).

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